Odio l’amore
giugno 18, 2011
Un altro grande poeta marocchino esponente del movimento di prosa poesia. Da leggere da leggere da leggere.
Odio l’amore
Non amo i cordogli, Autentici complimenti in ritardo E gentilezze Che biascichiamo dopo lo scadere del tempo Odio gli elogi, Menzogne eloquenti Non amo la poesia classica Perché ha bisogno di libri di commento E di battaglioni di interpreti Odio la critica contemporanea Moneta facile Non amo i quaderni di brutta Mi ricordano poesie Incomplete E odio le poesie pubblicate Mi spiace che non saranno mai complete Non amo la celebrità Le luci uccidono E io non sono ingenuo come la farfalla E odio vivere nell’ombra Esattamente come un frutto in potenza Che non sarà mai maturo Non amo avere un naso “Un naso in rilievo come una frase eccettuativa” Odio avere due gambe Perfettamente uguali Come una scala che non serve a nulla Perché senza gradini Non amo la macchina Veicolo frivolo Che ha bisogno di quattro ruote Per trovare stabilità E odio la bicicletta Perché si muove Come qualsiasi codardo uccello meccanico Che non ha la forza di volare Non amo essere chiamato Tàhar el-Marrakši Così come odio essere additato Odio i sorrisi rossicci Che maltrattano il mio nome negli uffici comunali Chiamadomi ogni volta: “Monsieur Tà’à ‘Adnàn!” Non amo l’odio Perché è spesso gratuito Senza ragioni fondate E odio l’amore Perché costa caro Non amo la domenica Perché è un giorno pigro, Mi ricorda che: domani si ricomincia E odio il lunedì (Vedi domenica) Non amo vivere solo La solitudine è gelida Come una notte di dicembre In cui ho sofferto per il calorifero guasto E odio vivere con gli altri: È un inferno Non amo Che il mio sangue scorra Senza poterlo fermare E odio essere privo di sangue Non amo l’orologio a muro Perché mi ricorda Il tempo perso E odio l’orologio da polso Perché compete con i battiti del cuore Non amo la pace Perché rende monotona la vita E senza gusto E odio la guerra Perché è il contrario della pace Non amo la vita Perché è figlia di cagna E odio la morte: il suo ultimo latrato.Taha Adnan, Budapest 2005
صدقت كلّ شيء
giugno 30, 2010
Khàlid Sulaymàn An-Nàsiri, Saddaqtu kulla šay’. Nusùs, Dàr Kan‘àn, Dimašq 2009
Non c’è niente da fare. La poesia araba contemporanea ci piace molto. Come quella di Khalid Soliman Al-Nassiry (così scrive il suo nome in caratteri latini), giuntaci per caso in dono dall’autore, un giovane palestinese.
A chi porti la rosa?
Maggio 5, 2010
I. Samhan, A chi porti la rosa?, testo arabo a fronte, trad. di V. Colombo, Interlinea Edizioni, Novara 2009
Irrequieto come se il vento fosse sotto i miei piedi (al-Mutanabbi)
Irrequieto. Mi cancello per scrivermi Di nuovo Irrequieto. La bacio Come se il mare mandasse L’onda dentro me E annegassi Irrequieta. Mi bacia Il mio viso cade per sbaglio Tra due colombe Dormo Irrequieta. Mi sbuccia Bottone dopo bottone La verità è completamente nuda Irrequieto. La spremo Come un chicco di melograno Mi beve In un sorso solo Irrequieto. Mi dirigo verso un’altra stazione Una balena nel ventre del cielo Una lentiggine sulla strada Irrequieto. Spalanco la sua finestra su distese di pini slanciati Gli uccelli hanno i brividi Irrequieto. Si distende in noi il mare Con l’alta e la bassa marea Con la bassa e l’alta marea Irrequieto. Il sole è allo zenit Nel cielo della notte Divento una nube Irrequieta. Si lamenta Di ciò che non sapevo Lei si rivolge a Dio Piccola come uno scricciolo Irrequieto. Chiudo gli occhi L’immagine è del tutto nitida Guarderò fisso la lente di ingrandimento Irrequieto. Il mio viso diventa Una patina sulla Fronte della rosa E le mie lacrime scorrono Irrequieto. Aggrotto le ciglia Gli occhi chiusi Aperte le roseIrrequieto. Maneggio le cose Tutte le cose stanno per infrangersi Irrequieta. La sigaretta mi accende Divento fumo Lei Colta dal rimpianto si spegne E sul mio petto Diventa Cenere Irrequieti. Attendiamo il nuovo appuntamento Quando squilla il telefono Una parola Irrequieto. Sto in piedi e mangio dal suo giardino Per essere benedetto dalle pesche Irrequieto. Il versetto si rigira Come se io stessi sognando Ciò che è celato è immenso Irrequieto. Le cose ci disegnano Una lettera all’inizio Una lettera alla fine Forse il caso… Irrequieto. Si raggomitola Diventa una manciata Impulsivo ma le mie ossa sono fragili.
M’ràya l-‘ibaràt fi-l-manàm
Maggio 2, 2010
J. Haddad, Maràya l-‘ibaràt fi-l-manàm, Afàq, al-Qàhira 2009
La copertina di questo libro – in bianco e nero – rappresenta un disegno che, per certi versi, ci ricorda quelli di Escher, e dal quale, a poco a poco, si distaccano delle farfalle notturne. Esse se ne distaccano ma al contempo continuano a far parte del tutto indistinto. Così come le immagini che “vediamo” nel dormiveglia cui ci rimanda il titolo di questa raccolta di ši‘r, poesia.
Poétique arabe
aprile 17, 2010
J. E. Bencheikh, Poétique arabe, précédée de Essai sur un discours critique, Gallimard, Paris 1989
Si potrebbe dire che la tensione fra poesia e prosa percorre tutta la storia della cultura araba dalla nascita e fino ai giorni nostri. Civiltà a cultura orale primaria, quella araba ha, in periodo della giahiliyya, fondato se stessa sul fatto poetico. Il poeta è colui che “soffre”, “sente” qualcosa che gli altri non sentono, perché è in comunicazione con un mondo altro che gli permette di esprimere se stesso e incarnare le aspettative della comunità.